Pallavolo | Chieri | 17/09/2024 20:45:58

Parigi 2024: Ilaria Spirito e Loveth Omoruyi, il cuore e la grinta delle campionesse olimpiche del Volley Chieri


Medaglia d’oro a Parigi 2024: Ilaria Spirito e Loveth Omoruyi e la magia delle Olimpiadi


La squadra italiana di pallavolo femminile ha regalato al Paese una delle più grandi gioie sportive vincendo la medaglia d'oro alle Olimpiadi di Parigi 2024. Tra le protagoniste di questo straordinario trionfo c'erano anche due atlete della Reale Mutua Fenera Chieri ’76: Ilaria Spirito e Loveth Omoruyi. Abbiamo avuto l’opportunità di incontrarle e parlare con loro delle emozioni vissute durante questa esperienza irripetibile e delle loro riflessioni sul mondo della pallavolo.
D - È passato un mese esatto dalla finale di Parigi 2024. Siete riuscite a metabolizzare ciò che avete fatto o vi sembra ancora un sogno?
Loveth:“È passato un mese, dopo una settimana sono riuscita a metabolizzare bene. È stata una bellissima avventura, una bella esperienza e concluderla in quel modo è stato fantastico. Poi abbiamo avuto un po' di riposo e siamo tornate in campo con la società. Abbiamo scritto una bella storia, un bel capitolo, e adesso bisogna iniziare una nuova pagina”.
Ilaria: “Io faccio ancora fatica, nel senso che quando guardo la medaglia mi fa ancora un certo effetto. Per me è stata una cosa davvero inaspettata, non avevo previsto la convocazione di aprile, quindi è stato tutto un percorso. Sono stati quattro mesi lunghi e intensi, ma molto belli, che si sono conclusi con la ciliegina sulla torta: la medaglia d'oro olimpica, credo, sia il sogno di ogni atleta”. 
D - Parlando del vostro sport, com'è nata la passione? Anche perché, Ilaria, la Liguria non ha una grande tradizione di giocatori di volley a certi livelli.
Ilaria: “È una cosa di famiglia: i miei cugini giocano, uno gioca a Verona in Serie A1, mio papà allenava e allena ancora, e mia sorella giocava. Quando ero piccola giocavo sia a calcio che a pallavolo, seguendo mia sorella in palestra. A fine partita, giocavo a pallavolo lì. È stato un mix tra calcio e pallavolo. Quindi è nata così, sin da piccola ero abituata a giocare ed ero portata, quindi è stato più facile inserirsi quando sono cresciuta. Ho iniziato verso la fine delle scuole medie, era un po’ nel mio DNA, credo”.
Loveth: “Io invece ho iniziato per divertimento, da piccolissima. Avevo una squadra dell’oratorio davanti casa e ho cominciato a cinque anni, seguendo mia sorella. All’inizio non potevo fare le partite, ma a sei anni ho iniziato a giocare. La passione è nata così, per puro divertimento, e ho sempre continuato”.
D - Voi ora come squadra quali obiettivi vi ponete per quest’anno?
Loveth: “Sicuramente di raggiungere, sia in campionato sia in coppa, la miglior posizione possibile in tutti i tornei che facciamo. Abbiamo la Challenge Cup, che è sicuramente una coppa di livello inferiore rispetto a quella che abbiamo fatto l’anno scorso, ma è comunque un torneo nuovo per tutte, o quasi. Vincere sarebbe bello, ovviamente. In campionato sappiamo quanto sia competitivo, quindi dobbiamo vincere il maggior numero possibile di partite. Ovviamente, scendiamo in campo per vincere e lotteremo per questo”.
Ilaria: “Credo che innanzitutto dobbiamo trovare l’amalgama giusta, ci sono tante giocatrici nuove da inserire. Abbiamo cambiato di nuovo il palleggiatore, e il gioco passa da lì. Abbiamo cambiato anche la diagonale palleggiatore-opposto, quindi c’è tanto lavoro da fare. I mesi sono tanti, le partite saranno tante perché avremo sicuramente due competizioni. Ovviamente, puntiamo ad arrivare il più lontano possibile in Coppa Italia e poi vedremo partita per partita. Le variabili sono talmente tante, e le partite così numerose, che credo sia meglio fissare obiettivi settimanali. Guardare troppo avanti rischia di destabilizzare un po’ quelli che sono gli obiettivi. Credo che lavorare settimana per settimana, con due partite a settimana, sia già un impegno piuttosto importante”.
D - Avete avuto Velasco come allenatore, una vera icona del volley. Qual è la sua dote personale che ti ha colpito di più?
Ilaria: “È sicuramente un grandissimo comunicatore, molto diretto. Credo sia riuscito a mettere insieme un gruppo che in passato aveva avuto difficoltà. Ci ha fatto sentire tutti coinvolti e importanti. Ci ha lasciato giocare in tranquillità, permettendoci di sbagliare, ed è stata questa la chiave per esprimere il nostro massimo potenziale”.
D -  A te, invece, chiedo quale dote professionale di Velasco ti ha colpito di più.
Loveth: “La semplicità con cui insegna le cose: ci ha spiegato cosa fare, riuscendo a fissare chiaramente un obiettivo nelle nostre menti, che tutte noi abbiamo condiviso”.
D - Velasco ha cambiato qualcosa nella preparazione delle partite rispetto a quanto eravate abituate?
Loveth: “Ogni allenatore ha il suo metodo, quindi sì, rispetto agli anni scorsi c’era una grande differenza”.
D - Velasco è più un “sergente di ferro” o un “papà bonario”?
Ilaria: “Julio non è assolutamente un “sergente di ferro”. Ci ha dato molta libertà nei momenti liberi, ci teneva che fossimo tranquille e passassimo del tempo con le nostre famiglie e i nostri partner. Quando vedeva delle difficoltà, era sempre pronto ad aiutarci, sia singolarmente che come squadra. Anche quando abbiamo vissuto la settimana più brutta della stagione, con due infortuni, ha gestito bene la situazione, supportandoci nelle nostre paure e difficoltà”.
D - C’è stato un momento in cui avete avuto la consapevolezza che avreste potuto vincere l’oro?
Ilaria: “Dopo ogni partita ci trovavamo per discutere, e Julio ci ha insegnato a vivere il "qui e ora", guardando una partita alla volta. Già alla fine del girone, forse non lo abbiamo detto apertamente, ma sapevamo che la squadra girava bene. La consapevolezza che potevamo vincere una medaglia è arrivata durante il torneo, ma l’oro, forse, è diventato un pensiero concreto dopo i quarti di finale”.
D - Loveth la tua convocazione è stata una sorpresa? Come ti sei preparata mentalmente?
Loveth:“È stato tutto inaspettato. Mi sono preparata allenamento dopo allenamento, perché fino all'ultimo non sapevo se sarei stata convocata. L'ho scoperto pochi giorni prima di partire”.
D - Dal tuo punto di vista, quali sono state le avversarie più forti che avete visto giocare, anche se non necessariamente quelle che avete incontrato, nel torneo olimpico?
Loveth:“Secondo me, il Brasile. Sono una squadra completa con giocatrici che non giocano in Italia, quindi non siamo abituate ad affrontarle”.
Ilaria: “Sono d’accordo con Loveth, credo che il Brasile fosse la squadra più forte del torneo. Però, la palla è rotonda e il caso ha voluto che non siano arrivate in finale con noi. Non vincere la semifinale mi spaventava un po’, perché avremmo dovuto giocare contro di loro per il 3°-4° posto, e lì solo una squadra prende la medaglia, una partita molto nervosa. Penso che fossero la squadra più completa e forte del torneo, insieme a noi, direi. A questo punto, i fatti parlano chiaro, non posso dire diversamente. Era un mix di fisicità, esperienza, giocatrici che giocano insieme da anni e giovani con un potenziale fisico e atletico notevole”.
D - Si soffre di più in campo o in panchina?
Ilaria: “Assolutamente in panchina! Non c’è dubbio! Credo che guardare le partite da fuori sia terribile, soprattutto se, come nel mio caso, sei abituata a giocare spesso. Poi dover ricoprire un ruolo dove magari giochi molto meno è davvero difficile mentalmente, e entrare in campo e dover fare bene è sempre complicato”.
Loveth: “Secondo me, dalla panchina, perché in campo giochi con più spensieratezza e non ti accorgi di tutto. Dalla panchina, invece, vedi ogni dettaglio, tutte le prospettive, e soffri molto di più. Devi anche essere sempre pronta e concentrata per entrare in campo, quindi hai anche maggiore responsabilità”.
D - Un’ultima domanda: quanto è importante il sostegno dalla panchina durante le partite?
Loveth: “È fondamentale, soprattutto quando le compagne in campo sono in difficoltà. È sempre bello sentire il sostegno delle compagne in panchina, che ti danno un consiglio e ti stanno vicine”.
Ilaria: “La penso allo stesso modo. Credo che uno dei punti di forza di questo gruppo sia stato il fatto che tutte eravamo intercambiabili, e abbiamo dimostrato che anche dalla panchina potevamo dare il nostro contributo. Mi viene in mente il doppio cambio, usato sistematicamente, con Antropova e i cambi che hanno davvero dato un contributo importante: alcuni set li abbiamo recuperati proprio grazie al loro ingresso. In generale, avere giocatrici esperte anche in panchina ti permette di essere sempre pronte a dare un consiglio o un’indicazione che magari vale un punto. È un aiuto fondamentale. Secondo me, è molto importante avere una panchina che “sta sul pezzo” e non guarda cosa succede sugli spalti, ma segue la partita. In campo non riesci a vedere tutto, ovviamente, quindi avere cinque o sei paia di occhi in più oltre a quelli degli allenatori è fondamentale”.
L’incontro con Ilaria e Loveth è stato ricco di emozioni e spunti di riflessione. La loro passione e dedizione sono palpabili, e le loro parole trasmettono l’importanza del lavoro di squadra e della perseveranza. Speriamo di avere presto altre occasioni per parlare con loro, poiché ogni conversazione con queste campionesse riesce a regalare un frammento delle emozioni che hanno provato salendo sul gradino più alto del podio olimpico.


Autore:
Marco Ferrero